L’attuale momento di crisi sociale, ambientale e spaziale può essere una svolta - uno dei
significati della parola greca originaria κρίσις - del modello di sviluppo basato sul paradigma
industriale (Khun, 1962) i cui limiti erano ipotizzati nell’omonimo The Limits of Growth
commissionato dal Club di Roma ad alcuni ricercatori del MIT di Boston (USA) edito nel 1972. Il
presente scritto suggerisce di sostituire al modello industrialista del “fare la città” - indifferente
alle condizioni locali grazie alla supremazia data alle “soluzioni” tecnologiche (Del Nord,1991) -
l’approccio ecologico che parte dalle condizioni locali quali indicazioni di
piano/progetto/realizzazione per la trasformazione dell’anthropocosmo, cioè del rapporto tra
contenitori, reti e comportamenti, ovvero del λόγος, discorso, studio, con l’οίκος, ambiente
(www.ekistics.org) con le finalità di Smart City cioè costruire Comunità inclusive, sostenibili
socialmente e materialmente avendo il risparmio di consumo di suolo come presupposto della
sostenibilità. Ciò significa per i paesi ormai più che emergenti - BRIC e tutti gli altri in forte
crescita economica - evitare gli errori compiuti dalle nazioni, usualmente chiamate Occidentali,
di devastazione del territorio oltre che in termini di danni sociali. Mentre per quest’ultime
l’attenzione va posta al tema della riqualificazione dell’esistente sotto il profilo funzionale,
spaziale, ambientale e sociale. Per entrambe si pone la questione centrale del rapporto con la
storia, i segni di essa sul territorio, cioè la memoria quale essenziale componente del senso
delle cose.