Viviamo strani giorni, tempi di rapide accelerazioni, cambiamenti sociali e trasformazioni
ambientali stressanti, che richiedono soluzioni contenitive e culturali improcrastinabili. Poniamo
il caso di Acireale, città insulare di circa 50.000 abitanti, posta lungo la costa orientale sicula,
stretta fra l’azzurra ionia marina, il nero del Vulcano Etna e il sempreverde degli agrumi. Il
paesaggio dell’Aci trattiene geomorfologie e memorie antiche. Ricomporne le alterne vicende
significa riflettere sulle “reali” specificità di una città siciliana per la quale è esistita un’articolata
continuità storica di frequentazione in una porzione ampia di suolo vulcanico denominato
Timpa. Nel corso dei secoli, le comunità hanno identificato in questo unico complesso lavico un
salubre avamposto su cui migrare, tendenzialmente da Sud a Nord, fino a stanziarsi sul pianoro
su cui sorge la città di Acireale. In età recente, la maggior crescita edilizia ha consumato
pregevoli parti di terreno agricolo, inducendo uno sprawl urbano verso l’entroterra ed
esponendo la Timpa a grandi rischi generati dalla progressiva assenza di organici interventi
d’assetto territoriale. Questo contesto storico e paesaggistico aspetta d’essere attraversato,
curato e valorizzato per ricomporre di quei valori percettivi che giacciono latenti nella memoria
collettiva. La riqualificazione della Timpa può essere il tema per l’infrastrutturazione geografica
con cui ri-connettere le inevitabili istanze di trasformazione urbana all’improrogabile sviluppo
sostenibile del territorio acese.