La crescente richiesta di città più ecologiche e sostenibili impone il ripensamento dei manufatti
e delle attrezzature che vanno sotto la denominazione di infrastrutture urbane. Diventate un
imprescindibile componente fisica dell’ecosistema urbano hanno infatti assunto, nella città
contemporanea, l’involontario ruolo di testimoni della contrapposizione tra contesto naturale e
ambiente artificiale.
Attualmente oggetto di una riflessione critica che sta spostando l’interesse dalla loro
configurazione estetico/funzionale alla verifica di compatibilità ambientale e paesaggistica, esse
possono essere ripensate, anche grazie all’impiego della vegetazione e del verde tecnologico,
quale azione preliminare verso la loro rigenerazione e quella degli “infra-luoghi” che ad esse si
accompagnano.
Al di là delle tendenze modaiole, che sovente scadono nel greenwashing, l’inverdimento delle
infrastrutture può rappresentare l’occasione per rendere ambientalmente più sostenibili
consistenti porzioni di città, anche in ragione degli importanti benefici che la vegetazione
produce: riduzione dell’isola di calore, controllo del deflusso delle acque piovane, abbattimento
dell’inquinamento atmosferico e del rumore, etc.
In questo contesto i dispositivi del camouflage, attuati con il verde, possono aprire ad una
nuova estetica, favorendo la dissimulazione di queste attrezzature all’interno della città.
Il saggio propone un primo bilancio di una ricerca, tutt’ora in corso, sulle potenzialità
dell’impiego della vegetazione nella città densa quale strumento con cui ripensare e riabilitare le
infrastrutture e i relativi spazi, che deturpano il paesaggio urbano, formulando alcune riflessioni,
contestualizzate per concreti risultati raggiunti, su come le tecniche del camouflage e della
mimicry possono contribuire a migliorare il ruolo e la natura di queste attrezzature urbane,
altrimenti solo ed esclusivamente funzionali.