Guardare dei luoghi prodotti da eterogenee mescolanze di elementi di varia natura può attivare
dei processi trasformativi dei paesaggi in cui è possibile plasmare e riusare ciò che si trova. La
ricerca sui Beni galleggianti a fine del ciclo di vita nei paesaggi costieri indaga il fenomeno
dell’abbandono dei mezzi nautici alla fine del ciclo di vita come forma apparente che muta in
altra forma e il paesaggio contaminato come deposito dell’energia di una natura persistente.
Paesaggi fluviali, marittimi o lacustri accolgono l’azione umana per ciò che in essi lascia, vale a
dire resti di natanti arenati sulle coste o accatastati in luoghi di fortuna; stampi di costruzione
dismessi; relitti faticosamente censibili di imbarcazioni affondate per avaria o deliberatamente
inabissate in quanto ritenute desuete. L’insieme delle imbarcazioni alla fine del ciclo di vita
assume la forma di un patrimonio nautico dell'abbandono che occupa porzioni di litorali,
depaupera gli ecosistemi di terra e d'acqua e altera la percezione del paesaggio preesistente. Il
riconoscimento del fragile stato di quei particolari ambiti terrestri ed acquatici, vitali e limitati, è
fondamentale per la loro sopravvivenza, e non solo. Preludio per nuovi stadi evolutivi, i
paesaggi costieri contaminati si possono trasformare in metafore poetiche di un dialogo
rinnovato fra uomo e natura, luoghi d’innovazione e di possibilità in grado di autogenerarsi e
garantire nel tempo una fruibilità condivisa.