La promozione della qualità della vita urbana passa necessariamente attraverso la costruzione
di una città inclusiva, una città effettivamente "usabile" da tutti i suoi abitanti. Anche e
soprattutto da chi, a causa di una qualche condizione (permanente o temporanea), si discosta
dall'immagine dell'abitante-tipo adulto, maschio, sano, istruito, ricco e automunito e non é quindi
"capace" (o non lo è pienamente) di accedere ai luoghi, ai servizi, alle opportunità e alle
informazioni della città che sono progettate, organizzate e governate precisamente in funzione
delle esigenze e dei desideri di questo abitante-tipo.
Rilevanti sono in tal senso i progetti e le politiche che si concentrano soprattutto sulle periferie
con l'intento di promuovere la qualità della vita urbana quotidiana degli abitanti . Accanto ai
grandi (e costosi) interventi di riqualificazione, particolarmente utili sono le trasformazioni a
scala di quartiere, le "micro" trasformazioni, perché sono in grado di migliorare concretamente
l'usabilità di quella che può essere definita "città quotidiana e di prossimità", la città, cioè, che gli
abitanti conoscono, "usano" (o "userebbero" se fosse effettivamente accessibile e usabile) e di
cui possono prendersi cura.
L'articolo cerca di mostrare perché è efficace e pertinente un approccio legato ad una
dimensione "micro" degli interventi, anche attraverso il racconto di alcune esperienze sul campo
condotte da Tamalacà, un gruppo di ricerca e azione del Dipartimento di Architettura Design e
Urbanistica (DADU) dell'Università di Sassari.