Si vuole esplorare il significato nella pratica di alcune parole chiave quali cambiamento,
collasso, emergenza, memoria, rischio e la loro eventuale capacità di esplicitare i nessi tra
geografia e storia nei territori sensibili.
Per i sapere non esperti, la nozione di rischio diventa cangiante: declinata al passato in forma di
mitografia o respinta e scomoda declinazione del futuro, al presente tende a perdere un
significato proprio per scivolare nel campo semantico dell'emergenza. Questa coniugazione
produce azioni, nell'unità di spazio-temporale del disastro, che appartengono all'emergenza:
depotenziata di un passato irripetibile e di un futuro incerto, si configura quale potente veicolo
del potere, avendo liberato le decisioni dalle procedure necessarie per la verifica della
opportunità tecnica e del consenso consapevole. Nei "casi di emergenza" si riduce la relazione
decisionale con gli abitanti coinvolti; il coordinamento e la gestione assumono forme autoritative
e astratte, inconsapevoli della soglia di sopportabilità del rischio da parte delle popolazioni.
L'efficienza dell'intervento di prima istanza non corrisponde alla efficacia nella media durata
laddove l'azione pubblica non orienta le possibili scelte e non ne supporta i processi attuativi e
adattivi.