Il territorio romano costituisce un sistema metropolitano ‘anomalo’ (Campos Venuti, 2005)
ancora oggi tutto interno ai confini municipali della città, dal momento che l’area metropolitana
non offriva poli attorno ai quali far crescere i nuovi tessuti misti produttivo-residenziali; dando
luogo, in conclusione, ad un assetto territoriale totalmente disordinato.
Il processo di metropolizzazione appare molto debole mentre sembra persistere un modello di
periferizzazione. La scala sovracomunale in sostanza continua a svilupparsi secondo un
modello vecchio che esprime logiche anche economiche vecchie. Un sistema metropolitano in
cui, per tentare di riequilibrare la sua struttura, si è affermata la strategia delle ‘nuove centralità’,
che rappresenta, assieme al sistema ambientale e al sistema della mobilità, uno degli elementi
strutturali del piano urbanistico di Roma approvato nel 2008, in alternativa sia al persistente
monocentrismo di Roma, sia all’incompiuto disegno del Sistema Direzionale Orientale previsto
dal piano del 1962.
Le centralità, immaginate come la chiave della trasformazione territoriale proposta per Roma,
hanno, nelle intenzioni del piano, l’obiettivo di correggere l’anomalia di un sistema
metropolitano, nel quale non esistono centri periferici da valorizzare per avanzare sulla strada
del riequilibrio territoriale; sottraendo funzioni di eccellenza al polo centrale da decongestionare
e rafforzando, appunto, le numerose localizzazioni periferiche.
Il paper intende fornire una riflessione sul futuro di Roma, del suo territorio metropolitano e del
suo modello di sviluppo policentrico, a partire dall’analisi di una serie di variabili che hanno
contribuito a modificare il quadro di riferimento.